Sabato 6 ore 15,30 in piazza Nettuno a Bologna
http://www.ecn.org/baz/spazi/crash-again.html
Alle 6.45 del 20 Agosto 2007 un atto militare tenta di fermare l'esperienza
del Laboratorio Occupato CRASH! Le ruspe cofferatiane entrano nello spazio
per demolire tutto quanto costruito e vissuto in un anno e mezzo di
occupazione di un vecchio edificio dismesso, a cui si era data nuova vita.
Nessun preavviso alla vile delibera a porte chiuse agostana. Lo stabile
torna vuoto e chiuso per le volontà dell'amministrazione Cofferati:
l'ennesimo scempio di quanto Bologna è ancora in grado di produrre dal
basso al di là delle ordinanze proibizioniste, della negazione della
socialità, della mercificazione culturale. Un Laboratorio largamente
attraversato, catalizzatore di desideri e bisogni di decine di migliaia di
persone a Bologna, che ha visto prodursi e riprodursi al suo interno reti
sociali in cerca di spazi di vivibilità.
Quello che il Laboratorio CRASH! ha rappresentato in città rimane nelle
cronache: asilo per quanti, in fuga dalla ruffiana cultura cortigiana
bolognese, hanno trovato li un luogo per esprimere le proprie conoscenze;
fruibilità per tutti di ineguagliati eventi musicali; presentazioni di
libri, rassegne cinematografiche; condivisione di saperi; laboratori
teatrali e fotografici… Ma soprattutto un virtuoso meccanismo di
coinvolgimento di quanti hanno vissuto lo spazio nella produzione di eventi
altri, di vivacità culturale e politica.
Quello che lo sgombero del Laboratorio CRASH! porta è solo un vuoto.
Ma il Laboratorio CRASH!, nella città/cavia del delirio securitario
cofferatiano, ha rappresentato anche altro. Ed è proprio su questo piano
che la vendetta politica dell'amministrazione ha preso corpo: anni di lotte
contro la precarietà, al fianco dei migranti per la chiusura dei CPT, una
rinnovata propulsività sociale che ha saputo contrastare inquietanti
presenze come quella razzista di Forza Nuova il 21 Giugno, che ha dato
battaglia per difendere la libertà d'espressione e le libertà personali
di tutte e tutti e dare soddisfazione a bisogni e desideri.
Con questo sgombero prende forma un ulteriore tassello di quello che è il
modello societario che Cofferati, in rappresentanza delle forze politiche
di cui è interprete, cerca di imporre ed esportare in tutta Italia. Sono
recenti le dichiarazioni del ministro Amato che individuano nel modello
dello "Sceriffo Giuliani" l'ideale gestionale da importare e diffondere ad
opera del costruendo Partito Democratico: un modello di esclusiva
repressione, ormai superato dalla stessa New York, sua città natale. E se
da un lato l'eco dei peggiori e più rischiosi modelli politici
d'oltreoceano approdano qui a partire da Bologna, è impossibile scordarsi
tutta la sequela di provvedimenti che in ogni parte d'Italia prendono
forma, spesso sotto il vessillo di amministrazioni di centrosinistra: dai
recenti provvedimenti, d'eco cofferatiano, contro i lavavetri a Firenze,
all'espulsione del diverso dalle città, alla manifesta connivenza nei
confronti di quanti, portatori di eredità xenofobe e fasciste, si fanno
braccio armato di queste politiche, assaltando occupazioni abitative,
bruciando campi nomadi, assassinando compagni, facendo squadrismo perfino
nel corso di eventi ludici come la recente, ma non solo, cronaca romana
mostra. Ma questa estate non ha mietuto vittime solo a Bologna: a Milano,
Verona, Padova altre esperienze di autorganizzazione e autogestione vengono
sgomberate e chiuse, marcando il segno di un inquietante parallelismo delle
politiche adottate dai sindaci forzaitalioti Moratti, leghisti Tosi e
diessini Zenonato e Cofferati.
Se il modello di amministrazione cittadino è questo, la politica
istituzionale si innalza sempre più a simulacro mediatico, a vuoto gioco
delle parti, quanto mai distante dalle contraddizioni dell'esistente. E
così ecco lanciate mistificatorie campagne di intolleranza e repressione
all'insegna della legalità, che a malapena celano una politica di
sacrifici fatta di stangate fiscali, attacchi ai diritti, bisogni
insoddisfatti, peggioramento delle condizioni di vita. Ecco inabissarsi con
questo ceto politico anche il mito di un riformismo progressista che si
rivela come semplice maschera di una esasperata voglia di impattare contro
la società, di entrarvi per distruggerla e funzionalizzarla plasmandola ad
esclusivo modello di sè, per la propria riproduzione.
La necessità di una risposta antagonista a queste politiche non potrebbe
manifestarsi adesso in modo più palese. Ed in questo stanno tutti i
conflitti che all'interno delle città, e non solo, sorgono: dalla
vittoriosa lotta della Val di Susa del No Tav, alla Vicenza del No
DalMolin, alle battaglie per la laicità e per la libertà d'espressione
vanno costruendosi terreni di rottura dai quali partire per rilanciare su
altri terreni. E nei territori gli spazi sociali assumono un ruolo centrale
nel tentativo di costruire alterità e contrapposizione, nel strutturare
queste ed altre battaglie, divenendo espressione di ingovernabilità dei
conflitti. Del resto la Bologna dello sgombero di CRASH!, ma anche di
Metrolab, della chiusura del Livello 57 e del Link, delle ruspe abbattute
sui campi rom, delle ordinanze anti-alcolici, della chiusura forzata di
ogni ambito di socialità e ludicità, della cultura-merce ad alto prezzo
solo per pochi, finisce con l'innescare dinamiche che semplicemente si
autoalimentano. Assistiamo allo spettacolo di un sindaco costretto a
trincerarsi dietro decine di agenti di polizia e bodyguards perfino alla
festa del suo partito perchè contestato e fischiato.
L'allarme sicurezza così amministrato alimenta nuove insicurezza, la
legalità brandita a mo' di manganello produce clandestinità e questo
perchè tutta questa parte della città non è riducibile ad un deserto
sociale. Chi vuole negare, neutralizzare le esistenze di noi tutti, genera
nuovi conflitti non amministrabili.
Da oggi è il momento di marcare il segno di un'assoluta incompatibilità
dei soggetti che in questa ed in altre città si muovono rispetto a queste
politiche. La distanza del Palazzo resti tale: solo da noi tutti potrà
venire una risposta adeguata, di massa, a chi questa città la sta
uccidendo. Qualcuno, a corte, ha deciso che l'alterità, a Bologna, non
debba avere casa. Rispondiamo contrastando il delirio securitario, per le
libertà d'espressione e personali, perchè CRASH! torni ad avere uno
spazio. Bologna è di chi la vive e rende viva!
Facciamo appello a tutti coloro con cui abbiamo tracciato segmenti del
nostro percorso, coloro con i quali abbiamo condiviso battaglie, piazze,
assemblee, socialità a portare assieme a noi la propria rabbia per le
strade di Bologna.
Costruiamo per SABATO 6 OTTOBRE
un CORTEO A BOLOGNA
in difesa degli spazi sociali e contro il modello cofferatiano